Domani, giovedì 28 ottobre, uscirà nelle librerie “Cronache dalle terre di Scarciafratta”, il nuovo romanzo dello scrittore lancianese Remo Rapino. Il libro è edito dalla casa editrice romana minimum fax, la stessa che ha pubblicato nel 2019, dello stesso autore, l’ormai celebre “Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio”, vincitore del Premio Campiello 2020.
Protagonista del libro è Mengo, solitario custode, insieme al vecchio cane Sciambricò, di un paese immaginario, Scarciafratta appunto, idealmente collocato sull’appennino abruzzese, che è stato dilaniato dal terremoto e nel quale non è rimasta anima viva: solo gli oggetti, sepolti dalle macerie e recuperati dal protagonista, trasudano ancora le storie di chi vi ha vissuto. Sarà proprio Mengo, alla fine della sua vita, mentre è ospite nella casa di riposo Villa Adriatica, a “ridare voce”, attraverso la scrittura, a quell’umanità sommersa e inabissata, e a sottrarla a una apparentemente inesorabile damnatio memoriae.
Nel romanzo Rapino prosegue con la sua sperimentazione linguistica, felicemente avviata con la trovata del linguaggio “liboriano”, cifra identificativa di Liborio Bonfiglio, personaggio che si esprime attraverso un impasto, sapientemente dosato dallo scrittore, di italiano e dialetto, un idioma “guasto e meticciato” come l’ha definito più volte l’autore.
Il libro
“Scarciafratta è una Macondo d’Abruzzo. Inerpicata tra i crinali dell’Appennino, è un teatro di fantasmi e di visioni. Un terribile terremoto, la Cosa Brutta, l’ha svuotata. Le case sono ridotte a pietre che rotolano e si sfarinano, ma continuano a parlare. Sulla Rocca resiste per anni soltanto un uomo, Mengo, seduto su un uscio sotto un cencio di luna insieme a Sciambricò, un cane pastore di quindici anni dagli occhi chiari. Scavando tra le macerie della scuola ha trovato i quaderni dei bambini, e anche un registro dell’Ufficio anagrafe che un impiegato ‘sfastognato di timbri a bollo tondo e di certificati’ aveva riempito di nomi, date, nascite, morti e sposalizi, di tutte le storie perdute del paese. Alla fine della sua vita, per ‘ridare voce a quelli sommersi dalla morte’, Mengo le trascriverà una per una, a Villa Adriatica, la casa di riposo dove viene ricoverato. Fino all’alba del 21 luglio 1969, quando Neil Armstrong e Edwin Aldrin sbarcano sulla luna, e lui termina di scrivere l’ultima lettera. Proseguendo lungo il sentiero inaugurato da Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio, in questo romanzo corale Remo Rapino continua a raccontarci tra risa e lacrime l’epopea degli ultimi, degli «spasulati» e dei folli della sua regione, e a restituire la dignità di un nome a chi è stato derubato anche della memoria”.