Da ieri, il Foyer del teatro Fenaroli di Lanciano è ufficialmente intitolato ad Alfredo Cohen, nato D’Aloisio, attore, autore teatrale e cantante lancianese. Un luogo accogliente, bello, particolare, conosciuto ma nascosto e poco valorizzato, proprio come Alfredo, nella città che gli ha dato i natali.
“Sono un cafone d’Abruzzo, ma è proprio dalla mia terra che ho imparato tutto quello che so”. Si definiva così Alfredo, nonostante fosse quasi scappato da Lanciano, prima per fare l’insegnante a Torino e poi per inseguire, e raggiungere, il suo sogno d’artista tra teatro, tv e musica.
Ed è un ritratto profondamente reale, a tratti gioioso e a tratti malinconico, quello che viene fuori dal docufilm proiettato ieri al Fenaroli “Alfredo D’Aloisio in arte (e in politica) Cohen”, a cura di Andrea Meroni ed Enrico Salvatori.
Una serie di testimonianze di amici e parenti, intervallate da immagini Rai dei suoi spettacoli, ci mostrano un’immagine di Alfredo sul palco sì sopra le righe, ma sempre ben presente a se stesso, con la voglia di superare pregiudizi e di mostrarsi senza paure per ciò che si è davvero, con la volontà di affermare quei diritti civili di chi si sente diverso, anticipando di molto i tempi moderni.
Una storia melanconica quella di Alfredo, conclusa con la morte a Djerba nel 2014 tra dubbi e misteri. Un personaggio poco apprezzato e troppo sbeffeggiato nella sua Lanciano che ieri lo chiamava “mezza femmina” e oggi finalmente gli rende omaggio.